Venerdì 12 agosto, per i Teatri di Pietra, in scena Clitennestra Vs Ifigenia da Yourcenar, Euripide, Racine (adattamento e regia Manuel Giliberti, musiche Antonio di Pofi con Simonetta Cartia e Laura Ingiulla) al Parco Archeologico Palmintelli di Caltanissetta (inizio alle 21.00, biglietto 12,00 euro)
Il re di Argo, Agamennone, potente e tracotante capo dei greci nella guerra di Troia, giace riverso a terra accanto alla vasca da bagno. Vicino a lui il corpo martoriato di Cassandra, la sacerdotessa figlia del re troiano Priamo, ormai schiava e concubina del generale. Sono appena tornati ad Argo dalla città sconfitta e, dopo gli onori rituali, hanno trovato subito la morte. Davanti alle salme coperte da un lenzuolo, la moglie di Agamennone, Clitennestra feroce, con la scure insanguinata tra le mani si rivolge ai vecchi argivi con queste parole: «…. il mio cuore non trema […] O lode o biasimo è lo stesso per me. Sì, questo è Agamennone, mio sposo; per questa mia mano è qui cadavere; e fu giustizia. Così è».
È questa la scena che consegna la figura di Clitennestra alla sua iconografia più conosciuta; Motore della vicenda è Clitennestra, figlia di Tindaro di Sparta e di Leda, sorella di Elena di Troia e madre d’Ifigenia, Elettra, Crisotemi e Oreste. Sulla sua figura hanno ragionato e scritto autori fondamentali da Omero a Hofmannstahl. Clitennestra affascina per il suo essere ambigua e spietata, calcolatrice e falsa, lasciva e funesta e nel tempo, si è ammantata di significati diversi: figura di madre vendicatrice e amorevole o moglie traditrice e adultera? Cosa svela dei tempi antichi e dei moderni? Si delineano così la riflessione su vendetta e giustizia, da un lato, e la rappresentazione della donna, dall’altro. Dopo aver ucciso il marito, Clitennestra afferma: «E fu giustizia».
La giustizia, incoraggiata dagli dei, si è compiuta grazie a lei, eppure quella giustizia di cui parla non sembra forse corrispondere più a una vendetta personale o familiare? Clitennestra riconosce ad Agamennone una colpa tremenda: aver ucciso la figlia Ifigenia, chiamata ad Aulide con un pretesto e lì sacrificata sull’altare di Artemide, precedentemente offesa dal re, in modo che la flotta greca potesse salpare tranquilla alla volta di Troia. Dieci anni più tardi, Clitennestra non si dà ancora pace e, dopo essersi legata al cugino di Agamennone, Egisto, ordisce la trappola mortale. Il testo Clitennestra versus Ifigenia ripercorre questa storia come alla ricerca della radice più profonda di questa saga familiare fatta di sangue e vendetta. Clitennestra parla e agisce con Ifigenia che è però un fantasma perché in realtà tutto si è già compiuto.
Ma la madre rivive il rapporto con la figlia e in una sorta di transfer psicoanalitico ricerca sé stessa e le sue ragioni o meglio le sue motivazioni. Avviene così che nella contemporaneità Clitennestra si colori di sfumature e caratteri che non sempre le sono stati riconosciuti divenendo non più solamente cagna, vipera, infida, ambigua, bensì una donna coraggiosa, affranta e turbata, di cui bisogna comunque cogliere le sfumature senza pregiudizi e senza misoginia. Solo così diviene possibile esprimere un verdetto equanime. Attingendo a molte fonti dalle più antiche alle più contemporanee Clitennestra vs Ifigenia diviene così la ricerca di un giudizio sul personaggio e di una più ampia visione di una storia che è in fondo la ricerca di una giustificazione morale alla violenza