CALTANISSETTA – Lo scandalo nella sanità della Regione Siciliana, venuta alla luce con l’operazione “sorella sanità”, non ci meraviglia affatto: ormai siamo abituati a leggere notizie del genere sulle pagine dei giornali.
Manager affermati, eminenti cavalieri del lavoro, professionisti insigniti da medaglie al merito, personaggi in “odore di santità” per l’impegno anticorruzione e antimafia, troppo spesso assurgono agli onori della cronaca proprio per fatti di corruzione e malaffare.
Persino il rampollo della famiglia di un imprenditore nisseno, un “self made man” preso ad esempio fino a qualche anno fa come persona degna di ammirazione e di stima, tanto che qualcuno gli ha dedicato un libro, è oggetto di indagine per tangenti e il capostipite è entrato a piè pari nella seconda trance dell’inchiesta sul cavaliere del lavoro Antonello Montante.
Le cifre sono da fare rizzare i capelli: 600 milioni di euro di appalti in un settore come quello della sanità, vitale e strategico, come tutti si sono resi conto negli ultimi mesi di emergenza Covid.
E’ quasi surreale che questa gente sia insignita e decorata da parte delle più alte cariche istituzionali dello Stato!
Qualcuno di loro, infatti, annovera e vanta un curriculum vitae “ipertrofico” essendo forse, al contempo, gaglioffo patentato.
Non si può giustificare chi accetta curriculum di tale specie solo per dare forza alle proprie scelte.
Appare peraltro assai rappresentativo quanto sostenuto dalla medaglia d’argento al merito Antonino Candela: “la sanità è un condominio ed io sempre capo condominio rimango”.
Una dichiarazione che insieme a certi comportamenti, a certi sistemi e a certe intercettazioni – come dichiarato dal procuratore generale Lo Voi – sanno tanto dei metodi e dei linguaggi dei boss.
Il presidente Musumeci e l’assessore Razza hanno giustamente preso le distanze dai fatti avvenuti annunciando di costituirsi parte civile in un eventuale processo, ma dimenticano che la responsabilità politica delle nomine è tutta loro e non è consentito dire oggi “non sapevo”!!!
L’onestà non è solo non rubare, ma è anche la capacità di assolvere bene i propri compiti e di assumere le proprie responsabilità.
Per questo chiediamo che Razza e Musumeci si dimettano, non perché complici del sistema, ma perché responsabili politici di fatti, ancora da accertare, ma lo stesso significativi di un sistema bacato che offende i Siciliani onesti e sinceramente non è di esempio alle giovani generazioni.
Salvatore Giunta
Consigliere Nazionale
Unità Siciliana – LE API