Un magistrato deve essere ma anche apparire imparziale

Indipendenza e autonomia.

csm1359_img– Secondo la Costituzione la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere (art. 104 Cost.).
L’autonomia attiene alla struttura organizzativa.
Essa si realizza nei confronti del potere esecutivo, in quanto l’indipendenza della magistratura sarebbe compromessa se i provvedimenti afferenti la progressione in carriera dei magistrati e, più in generale, lo status fossero attribuiti al potere esecutivo. La Costituzione, invece, ha attribuito ad un organo di governo autonomo l’amministrazione del personale della magistratura (trasferimenti, promozioni, assegnazioni di funzioni e provvedimenti disciplinari) (art. 105 Cost.): il Consiglio superiore della magistratura è quindi il garante dell’indipendenza della magistratura.
L’autonomia si realizza anche nei confronti del potere legislativo, nel senso che i giudici sono soggetti soltanto alla legge (art. 101 Cost.).
L’indipendenza è relativa all’aspetto funzionale dell’attività giurisdizionale. Essa non è riferita all’ordine nel suo complesso – garantito mediante l’autonomia, nei termini suesposti – bensì al giudice nel momento dell’esercizio della giurisdizione.
L’indipendenza deriva e si attua in relazione all’altro principio costituzionale della soggezione del giudice soltanto alla legge, che realizza il rapporto di derivazione della giurisdizione dalla sovranità popolare.
Nel nostro sistema di giustizia i principi dell’indipendenza e della autonomia dei giudici hanno grande importanza. Questa importanza deriva da un’esigenza concettuale e da una esigenza storica. Per quanto attiene la prima, bisogna tener conto del fatto che l’Italia fa parte dei sistemi di civil law. In maniera molto approssimata, si può dire che in questi sistemi la legge – ossia quella che, nel processo, viene in rilievo come regola di giudizio per risolvere il caso – è posta da altri organi dello Stato – per lo più dal Parlamento, talora dal Governo, oggi anche dagli enti territoriali minori – mentre i giudici la applicano. Ciò vuol dire che i giudici partecipano al procedimento di formazione del diritto in maniera soltanto indiretta.
Questa impostazione concettuale ha reso possibile configurare i giudici come titolari di una funzione pubblica da svolgere in forma vincolata. Di qui la convinzione che gli stessi possano essere nominati per concorso, assumere la posizione di impiegati dello Stato e non essere assoggettati ad alcun controllo
sul merito dei loro atti, essendo tale merito preventivamente fissato dalla legge. Di qui ancora la necessità che ai giudici sia garantita indipendenza e autonomia, perché nell’esercizio della loro funzione essi devono non solo essere, ma anche apparire come terzi imparziali. Anzi, terzietà e imparzialità sono assunte come le caratteristiche che consentono di distinguere i giudici dagli altri organismi che esercitano funzioni statali diverse.
In ordine alla seconda ragione, cioè quella storica, bisogna sottolineare che l’attuale assetto del nostro sistema ha preso forma, dopo la seconda guerra mondiale, sulla base della Costituzione repubblicana, la cui ispirazione democratica è in antitesi al precedente regime fascista, sicuramente autoritario.
Per il passato, infatti, c’era stato un abuso, nella gestione della giustizia, ricollegabile a tre fattori: a) limitazioni del diritto di agire in giudizio; b) pressioni ab externo sulla magistratura; c) creazione di giudici speciali.
È ovvio che, nel rifondare lo Stato, la nostra Carta costituzionale, che nel 2008 ha celebrato i suoi primi sessanta anni di vita, ha cercato con particolare attenzione di evitare il ripetersi di tali abusi e deviazioni.

Indipendenza e autonomia sono principi che la Costituzione riconosce anche al pubblico ministero (artt. 107 e 112 Cost.), in particolare laddove viene prevista l’obbligatorietà dell’azione penale.
Proprio l’obbligatorietà dell’azione penale, anzi, concorre a garantire, non solo l’indipendenza del pubblico ministero nell’esercizio della propria funzione, ma anche l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge penale.
L’autonomia e l’indipendenza del pubblico ministero presentano peraltro caratteri peculiari con riguardo ai rapporti “interni” all’ufficio, dovendosi considerare il carattere unitario di questo e il potere di sovraordinazione che va riconosciuto al capo dell’ufficio nei confronti dei sostituti addetti addetti (cfr. art. 70 r.d. 30 gennaio 1941, n. 12 e D.Lgs. 23 febbraio 2006, n. 109).

http://www.csm.it/pages/funzionamento/posizionecostituzionale.html

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