Italo Calvino ha scritto: “La città non dice il suo passato, lo contiene come le linee d’una mano, scritto negli spigoli delle vie, nelle griglie delle finestre, negli scorrimano delle scale, nelle antenne dei parafulmini, nelle aste delle bandiere, ogni segmento rigato a sua volta di graffi, seghettature, intagli, svirgole.”
Guardare le città può dare uno speciale piacere, per quanto banale a volte possa essere ciò che si vede. Come un’architettura una città è una costruzione nello spazio, ma di dimensione infinitamente più grande. Un artefatto complesso, plurale, contraddittorio. Nella Caltanissetta contemporanea – discreta e postmoderna – la geografia, i luoghi, le case, le strade, i compositi segni sui muri di pietra o di cemento parlano della nostra vita. Così come i modi di insediarsi e di costruire, l’uso di certi materiali, i frammenti di verde, gli alberi e i palazzi, la cupola celeste e sfuggente della Cattedrale e il campanile incompiuto di una chiesa moderna. E poi, una sconnessa edicola votiva, le luci dell’alba e della sera, le colline. Le belle colline nissene. Che dire poi delle terrazze sui condomini, dei grigliati metallici, delle balaustre, dei tetti inclinati e vetusti, dei tralicci metallici, delle antenne, dei cavi, dei cornicioni, dei geometrici portali, delle rampe e delle scale, delle peculiari, antiche scalinate, delle insegne pubblicitarie e delle luci di notte, delle pozze d’acqua lungo una strada di periferia? Ma anche, degli antichi bastioni e del muro di cinta di un giardino storico? Delle (ex) miniere di zolfo? Matematica ossessione sono le molte finestre e i troppi balconi, le rilucenti vetrine dei negozi e i centri commerciali. L’incombente ospedale. Rassicuranti e consolatori gli odorosi panifici che non vendono solo pane. E ancora: gli edifici a più piani, l’incerta architettura rurale dei borghi, gli impianti sportivi di Pian del Lago, le case a schiera del Villaggio Santa Barbara. Ville, villini e villette. I vecchi e i nuovi basolati, i marciapiedi e i garage, le strisce pedonali, i mercati, i supermercati e gli ipermercati, gli intonaci, gli slarghi e i parcheggi, i vicoli degli antichi quartieri, il monumento ai Caduti della Patria, le caserme dismesse, gli assolati graffiti di ragazzi impertinenti su muri troppo alti e opachi. Le troppe auto e moto e i ragazzi venuti da lontano. Le larghe strade che si perdono e si ritrovano. Periferie?
Imperfetti frammenti di una Caltanissetta del presente. Abitata e disabitata. Deserta e affollata. Immaginifica ed estenuata. Una città che attende i nuovi inquilini che la abiteranno.