PD Circolo Faletra: cittadini per Costituzione, anche a Caltanissetta

L’approccio delle capacità si concentra sulla vita umana e non su astratti oggetti di utilità […]

Esso propone si spostare l’attenzione dall’ambito dei mezzi a quello delle effettive opportunità”

Amartya Sen, Un’idea di giustizia

  1. Premessa

Caltanissetta e l’intera Sicilia centrale vivono problemi che richiederebbero risposte rapide, lungimiranti e radicali. Lo testimoniano i numeri relativi alla diminuzione della popolazione residente ed al suo cambiamento in termini anagrafici, numeri che consentono di fotografare con immediatezza la condizione di declino cui versa il nostro territorio.

Stando alle rilevazioni Istat, dal 2001 ad oggi la provincia nissena ha perso 23.047 abitanti, con una flessione pari all’8,42%. A questa contrazione in termini quantitativi si affianca una significativa trasformazione della popolazione sul piano anagrafico: dal 2002 l’età media dei cittadini residenti nella provincia è passata da 39 a 44.7 anni e l’indice di vecchiaia (rapporto tra over 65 e under 15) è aumentato di oltre 70 punti percentuali, dal 92,8% al 166,7%.[1]

Sono numeri che raccontano un territorio in fase di progressivo spopolamento ed invecchiamento, con un saldo migratorio negativo sempre più rilevante (il dato del 2002 di -4,3 per mille abitanti è cresciuto nel 2021 fino al – 6,6) e con un indice di dipendenza anziani cresciuto dell’8,6% (dal 25,8% del 2002 al 34,4% del 2021).[2]

Tutto ciò sta producendo conseguenze rilevanti sul piano economico e sociale: la contrazione del tessuto produttivo e del volume di reddito prodotto, il crollo del valore degli immobili e la riduzione dello stock di ricchezza complessiva, l’aumento delle spese sanitarie e di welfare, la riduzione delle dinamiche di innovazione sociale e del potenziale creativo del territorio, il rafforzamento delle consorterie di rentiers e delle classi dirigenti estrattive, la crescita delle tendenze conservatrici e securitarie.

Non si tratta di una tendenza che riguarda esclusivamente il nostro territorio, l’Italia intera e tutta l’Europa sono interessate da un profondo inverno demografico, che nel nostro Paese è trainato soprattutto dalle regioni del Mezzogiorno e dalle c.d. aree interne.[3] La condizione di marginalizzazione cui versa la nostra provincia va quindi collocata dentro un contesto nazionale e globale sempre più caratterizzato dall’allargarsi dei divari territoriali, con aree in stato di abbandono e grandi poli urbani destinatari di risorse ed investimenti in quanto ritenuti i soli capaci di avviare efficaci processi di modernizzazione.[4]

È anche questo uno dei risultati della lunga stagione neoliberista, segnata dal primato del mercato e della finanza nella scelta dei territori ove indirizzare i grandi investimenti, da politiche pubbliche cieche ai luoghi e alle loro differenze, da una visione della libertà declinata in termini di esclusiva exit e non di voice.[5]

Nel nostro Mezzogiorno queste politiche hanno ulteriormente aggravato una situazione strutturalmente segnata dalla presenza di forti disuguaglianze interne, da condizioni di grave esclusione sociale e da una classe dirigente interessata esclusivamente al mantenimento dello status quo e delle sue condizioni di privilegio.[6]

Anche i massicci finanziamenti pubblici indirizzati nel tempo ai territori sottosviluppati, non essendo accompagnati da qualsivoglia strategia di sviluppo, hanno finito con l’affievolire la voce critica della cittadinanza e con il rafforzare invece le classi dirigenti territoriali estrattive, divenute le intermediarie di uno scambio perverso tra risorse pubbliche da distribuire e consenso elettorale.[7]

Tutto ciò ci dice che la questione nissena va collocata dentro una sfida politica più grande, che riguarda la messa in discussione del modello di sviluppo fino ad oggi dominante, la costruzione di un assetto istituzionale e di rapporti di potere pienamente democratici, l’allargamento ed il pieno riconoscimento dei diritti di cittadinanza.

Le dimensioni e la portata di questa sfida, però, non fanno venir meno la quota di responsabilità personale cui ciascuno di noi è chiamato e non devono impedirci di agire qui ed ora per invertire una rotta che sembra inesorabilmente indirizzata verso il declino.

Al contrario, proprio da territori come il nostro può e deve partire un processo di modernizzazione attiva, che non cali dall’alto ma muova da dinamiche partecipative per promuovere un vero e proprio cambio di paradigma: la qualità della vita in luogo della mera parametrazione della ricchezza in termini di reddito, la generatività, la sostenibilità e la tutela delle diversità ambientali in luogo di un’economia estrattiva che sta mettendo in discussione la sopravvivenza della vita umana nel pianeta, la coesione sociale e la solidarietà in luogo di disuguaglianze sempre più immorali.[8]

La nostra provincia dimostra che questo cambio di paradigma è possibile: la qualità della nostra produzione agricola ed enogastronomica, la ricchezza del nostro patrimonio paesaggistico e naturalistico, la presenza di siti dall’indubbio interesse culturale, la vitalità della rete sociale e del volontariato raccontano di un’alternativa credibile al modello di sviluppo oggi dominante.

Per consentire a questo patrimonio di esprimersi e produrre valore è però necessario sciogliere i nodi che soffocano il nostro territorio e che sono alla base del suo progressivo spopolamento: amministrazioni locali prive di personale, alto tasso di disoccupazione giovanile e femminile, lavoro precario e mal pagato, diffusa povertà educativa, sistema sanitario inadeguato, rete infrastrutturale arretrata, sistema dei beni paesaggistici e culturali privo di una gestione efficiente. Affrontare questi problemi dovrebbe essere la priorità delle classi dirigenti territoriali ed i risultati raggiunti su questo terreno dovrebbero essere il reale metro di valutazione di ogni scelta politica ed amministrativa.

Serve quindi una politica dei diritti di cittadinanza e ciò è dimostrato dalla stessa classifica annuale del Sole 24 Ore sulla qualità della vita: Caltanissetta si colloca da tempo agli ultimi posti per tasso di occupazione (41,2%), per giovani che non studiano e non lavorano (41,3%), per numero di laureati e diplomati (rispettivamente 9,2% e 43,9%), per divario occupazionale e retributivo tra donne e uomini.

Insomma, per noi il tema dello sviluppo non va affrontato misurando esclusivamente il volume di investimenti attratti nel territorio, ma valutando i processi di effettiva emancipazione che si è in grado di attivare in favore di chi è più debole, riconoscendo ad ogni persona la capacità «di fare quelle cose a cui, per un motivo o per l’altro, assegna un valore».[9]

Con il presente documento intendiamo declinare questa politica dei diritti di cittadinanza, proponendo quattro temi che sono stati oggetto della nostra elaborazione e che riteniamo debbano essere posti al centro dell’azione politica e amministrativa: buon lavoro ed occupazione stabile, istruzione e cultura, infrastrutture e mobilità, salute e sistema sanitario.

  1. Il buon lavoro per produrre lavoro.

In assenza di lavoro stabile e ben retribuito ogni ipotesi di sviluppo diventa irrealistica, per questo riteniamo necessario promuovere interventi che contrastino il lavoro nero ed irregolare, stimolino la buona occupazione ed agevolino l’incontro tra domanda ed offerta di lavoro. Le misure che proponiamo sono cinque:

  • un protocollo per appalti innovativi che orienti la spesa pubblica in direzione della giustizia sociale ed ambientale. Riteniamo che attraverso questo strumento sarebbe possibile introdurre standard di legalità, ma anche strumenti di valorizzazione della filiera corta (punteggio premiale per le imprese che impieghino manodopera locale o collaborino con realtà imprenditoriali del territorio) e delle scelte di tutela ambientale (costo del ciclo di vita dei beni impiegati), oltre che di promozione della qualità del lavoro, a partire dall’adeguamento automatico ai contratti collettivi[10].
  • uno sportello comunale per il Lavoro, come strumento di intervento diretto dell’Amministrazione Comunale nel campo delle politiche attive del lavoro. L’obiettivo è sostenere le persone nell’individuazione e nella realizzazione del proprio progetto formativo e professionale, favorendo l’incontro tra domanda e offerta di lavoro. Detto strumento dovrà operare in collaborazione con il locale Centro per l’Impiego (CiP) e rivolgersi a tutti i cittadini residenti e domiciliati a Caltanissetta che cercano un lavoro o che desiderano cambiare occupazione. Lo Sportello dovrà offrire servizi gratuiti che agevolino la ricerca autonoma e attiva di lavoro da parte dell’utenza, fornendo una consulenza personalizzata[11].
  • un’Officina municipale come spazio di co-working e co-progettazione facilmente raggiungibile e ben connesso, ove potranno lavorare tutti coloro che siano costretti a lavorare da remoto, ma non vogliano o non possano utilizzare a tale scopo la propria casa. Un luogo che contemperi l’esigenza delle aziende alla riorganizzazione dell’attività d’impresa con l’interesse dei lavoratori ad un miglior equilibrio tra tempi di lavoro e vita e che consenta di intercettare il fenomeno dei south workers, perseguendo l’obiettivo della comunità a recupero ed alla rigenerazione di spazi abbandonati. Un luogo, infine, ove garantire in sicurezza non soltanto le connessioni verticali con l’azienda o la piattaforma per la quale il lavoratore svolge la propria attività, ma anche scambi orizzontali con gli altri lavoratori;
  • un Consiglio del lavoro e della cittadinanza, ossia una rete tra organizzazioni sindacali, rappresentanze datoriali del distretto ed esponenti dell’associazionismo in grado di esprimere le istanze della comunità territoriale. Tale organismo dovrebbe consentire la promozione di strategie condivise e servizi comuni;
  • misure di contrasto al lavoro nero ed allo sfruttamento, a partire dall’adozione di un regolamento sulla gestione del suolo pubblico che preveda la revoca delle concessioni per le attività commerciali e imprenditoriali che non rispettino le norme in materia retributiva, contributiva e di sicurezza sul lavoro e dal riconoscimento della residenza virtuale per cittadini senza fissa dimora, che consenta l’accesso ai servizi sociali e sanitari territoriali.

 

  1. Una politica contro la povertà educativa.

Tutte le rilevazioni statistiche dimostrano che per Caltanissetta la povertà educativa è una vera e propria emergenza: nella nostra provincia uno studente su dieci abbandona gli studi prima dei sedici anni ed uno su quattro prima del diploma.

Anche tra chi completa il ciclo di studi, però, non mancano gravi difficoltà, dimostrate dagli ultimi dati dei test Invalsi, che attestano gravi limiti nelle conoscenze scientifiche e matematiche, oltre che nella comprensione dei testi in lingua italiana e straniera.

Se ciò accade è anche in ragione di una grave carenza dell’offerta formativa, che genera un gap educativo a danno dei bambini e delle bambine del territorio sin dai primi anni della loro vita. Per rendersene conto è sufficiente pensare al numero di posti nido presenti in provincia: circa il 60%[12] dei Comuni nisseni non ha nidi sul suo territorio. Il Comune di Caltanissetta, ad esempio, offre una media di nove posti ogni cento bambini[13] per l’anno 2018-2019, un percentile ben al di sotto dell’obiettivo di una copertura di posti che si attesti al 33% come è stato disciplinato a Barcellona[14].

Occorre invertire la rotta, per farlo proponiamo cinque interventi:

  • patti educativi territoriali come strumento utile per aprire gli istituti scolastici al territorio coinvolgendo il mondo associativo e le realtà produttive, per affrontare le situazioni di marginalità e disagio, per promuovere innovazione didattica nelle scuole, per contrastare il fenomeno dei giovani neet mediante iniziative ad hoc, sul modello degli opifici sociali, per rigenerare spazi e quartieri degradati[15];
  • il rafforzamento del servizio sociale locale attraverso l’assunzione di figure professionali (psicologi, assistenti sociali, assistenti sanitari, educatori socio-sanitari e socio-educativi), assegnate ad aree prioritarie di intervento territoriale e atte a promuovere un servizio socioeducativo di prossimità, includendo appieno le famiglie vulnerabili ed in particolare quelle con retroterra migratorio e con bambini portatori di disabilità;
  • l’ampliamento della copertura di posti negli asili nido per il pieno riconoscimento dei diritti dell’infanzia, da realizzare accedendo alle risorse economiche eccezionali appositamente stanziate dalla legge di bilancio 2021 per il quinquennio 2022-2026[16];
  • un progetto Maestranze 4.0, che rafforzi il legame tra la manifattura del territorio e le realtà formative, promuovendo l’innovazione, la digitalizzazione e l’alta formazione professionale. Anche attraverso la realizzazione di un Istituto di formazione tecnica superiore;
  • un pacchetto università che implementi i servizi per gli studenti dei corsi di laurea attivi in città, dal trasporto pubblico gratuito all’apertura serale della Biblioteca, passando per la realizzazione di laboratori di ricerca in collaborazione con le imprese del territorio.

 

  1. La tutela della salute, per tutte e tutti.

La pandemia ha drammaticamente evidenziato lo stato di crisi in cui versa la sanità pubblica nissena, condiviso peraltro con le province di Agrigento ed Enna. Stando alle ultime analisi statistiche, infatti, la Sicilia centro meridionale si connota per un elevatissimo tasso di emigrazione sanitaria. Anche per tale ragione riteniamo anacronistica e improduttiva la competizione campanilistica che ruota attorno alla proposta di un quarto Policlinico per la Sicilia centrale.

È evidente che Caltanissetta avrebbe, quantomeno sulla carta, alcune delle caratteristiche che la renderebbero sede idonea di tale nuova realtà: la nostra città ospita da venticinque anni una prestigiosa facoltà di medicina, è sede del CEFPAS, che si connota come principale ente regionale di formazione in materia sanitaria, è sede di un Ospedale DEA di II livello, sebbene quest’ultimo sia gravemente carente. Allo stesso modo, è chiaro che analoghe pretese possono essere legittimamente avanzate dal Comune di Enna, in quanto città sede di un importante Ateneo.

Ciò che però va detto, è che entrambe le province – come anche quella di Agrigento – non dispongono attualmente di strutture sanitarie adeguate alle loro esigenze e che tale necessità non potrà essere soddisfatta con un’insensata competizione territoriale.

Nessuna delle strutture ospedaliere interessate da questo dibattito dispone da sola dei reparti, delle unità operative, del personale e della strumentazione adeguata a garantire adeguatamente il diritto alla salute dei cittadini, né a fornire occasioni di formazione per studenti della facoltà di medicina.

Noi crediamo che occorra assumere questa consapevolezza, proponendo un tavolo di confronto e che muova dal dato normativo, laddove si prevede che “Qualora nell’azienda di riferimento non siano disponibili   specifiche strutture essenziali per l’attività didattica, l’università concorda con la regione, nell’ambito dei protocolli di intesa, l’utilizzazione di altre strutture pubbliche”.[17]

Al contempo e come precondizione per ogni ipotesi di sviluppo del sistema sanitario pensiamo occorra aprire una vertenza con le strutture sanitarie di riferimento e con la Regione Siciliana per la tutela del diritto alla salute. Per quanto riguarda Caltanissetta riteniamo sia necessario aggredire le seguenti priorità:

  • investire nella formazione, nel potenziamento degli organici e della dotazione strumentale dei reparti;
  • destinare e risorse ai centri più disagiati, allocando nelle zone più bisognose le strutture che saranno realizzate con le risorse del PNRR (Ospedali di comunità, Case di comunità, Centrali operative territoriali);
  • dare piena attuazione all’Atto Aziendale da parte dell’ASP procedendo in tempi rapidi alla riapertura dell’Unità Operativa Complessa di Pneumologia, al bando dei concorsi per i posti vacanti nei vari Presidi Ospedalieri e alla piena attuazione di quanto previsto dalla Legge Regionale per i DEA di II Livello e di I Livello.

 

  1. Infrastrutture ad andamento lento.

Come accade per la tutela della salute, anche il riconoscimento del diritto ad una mobilità sicura e ad un sistema viario adeguato è parte fondamentale di una moderna e piena cittadinanza. La sua negazione, quindi, non è soltanto un’insopportabile aggressione alla concreta condizione di vita di donne e uomini che vivono nel nostro territorio: è soprattutto una violazione del patto sociale che sta alla base di ogni Stato moderno.

Il territorio di Caltanissetta, complice la sua orografia difficile, presenta però una rete ferroviaria del tutto inadeguata. La ferrovia più estesa è la tratta Caltanissetta Xirbi – Gela – Siracusa, aperta al traffico tra il 1876 ed il 1893. La linea è elettrificata solo tra Caltanissetta Xirbi e Canicattì, è interamente a binario singolo ed è attrezzata con i sistemi di sicurezza SCMT tra Caltanissetta Xirbi e Canicattì e con sistema SSC nel tratto rimanente. La ferrovia è stata oggetto di recenti interventi di potenziamento conclusi nel 2016, che hanno interessato la tratta Canicattì – Modica, consentendo un incremento della velocità consentita e la correzione di alcuni raggi di curva ma nella parte più estesa del tracciato non si possono superare gli 85 km/h e, nella sezione non ammodernata tra Modica e Siracusa in molti tratti la velocità deve essere mantenuta al di sotto dei 75 km/h. Sulla questa tratta, del resto, sono attive solo tre coppie di treni e solamente nei giorni feriali.

Nel territorio nisseno, inoltre, non sono più attivi scali merci, né vi sono in programma sviluppi particolari. L’unico movimento merci è limitato alla linea Palermo – Catania, lungo la quale sono collocati in particolare i due scali di Palermo Centrale e Bicocca. Volendo “fotografare” la situazione attuale, va rilevato che da Caltanissetta è possibile trovare collegamenti diretti (o con scalo a Xirbi) unicamente in ambito regionale, in quanto i collegamenti nazionali diretti sono stati soppressi già nel 2010.

Per dare un cambio di passo gli interventi attualmente previsti nel PNRR non appaiono sufficienti; alcune iniziative volte ad incrementare e stimolare la mobilità ferroviaria dovrebbero essere:

  • elettrificare tutte le linee esistenti, dotandole uniformemente del sistema SCMT;
  • velocizzare la linea Siracusa – Canicattì dotandola di un numero di mezzi adeguato ed immaginando un contratto d’asse tra le città interessate dalla linea e la regione, sul modello dei contrat d’Axe francesi;
  • migliorare gli interscambi tra treno ed autobus urbani ed extraurbani in tutte le stazioni principali, soprattutto per quelle poste a distanza dai centri abitati di riferimento (es. Caltanissetta Xirbi);
  • eliminare la rottura di carico del nodo di Canicattì, che costringe al regresso i convogli della relazione Caltanissetta – Agrigento, con allungamento dei tempi di percorrenza;
  • incrementare il trasporto su rotaia, valorizzando in particolare gli stabilimenti produttivi delle città portuali e della Sicilia sud-orientale.

 

[1] Focalizzando l’attenzione sulla sola città di Caltanissetta emerge una tendenza analoga: dal 2019 ad oggi la popolazione residente si riduce di 2189 unità (3,57%), dati I.Stat http://dati.istat.it/Index.aspx?DataSet

Code=DCIS_POPRES1.

[2] Per saldo migratorio si intende la differenza tra il numero degli iscritti ed il numero dei cancellati dai registri anagrafici per trasferimento di residenza interno, con l’estero o per altri motivi; per indice di dipendenza si intende il rapporto tra la popolazione di 65 anni e più e la popolazione in età attiva (15-64 anni), moltiplicato per 100.

[3] Il ruolo di traino che il Mezzogiorno sta esercitando nel determinare i mutamenti demografici del Paese è comprensibile guardando la crescita dell’età media registrato negli ultimi vent’anni: sul piano nazionale si passa da 41.9 anni nel 2002 a 45.9 nel 2021, ma scorporando questo dato emerge che l’invecchiamento medio della popolazione avviene in misura più ridotta nelle regioni del Nord (da 43.4 a 46.4) e del Centro (da 43.3 a 46.6), mentre cresce più significativamente nel Mezzogiorno (da 39.4 a 45).

[4] Tra 1995 e il 2014 il divario di produttività fra le regioni più avanzate e il 10% più arretrato è cresciuto del 60% nel complesso OCSE e del 56% nella sola Unione Europea (cfr John Bachtler, Joaquim Oliveira Martins, Peter Wostner, Piotr Zuber, Towards Cohesion Policy 4.0, Regional Studies Association, 2017). Per approfondire gli effetti dalle politiche neoliberiste in relazione ai luoghi marginalizzati, The Economist 21 ottobre 2017.

[5]Gli attori sociali che vivono in un disordine crescente hanno a disposizione due reazioni attive che sono forse anche due rimedi: exit, o defezione da una relazione costruita in quanto compratore di una merce o membro di un’organizzazione […] e la voice, o tentativo di rimediare e magari migliorare la relazione sforzandosi di comunicare le proprie rimostranze, lagnanze e proposte di miglioramento” A. O. Hirschman, L’economia politica come scienza morale e sociale, pp.32-35

[6] E. Felice, Perché il Sud è rimasto indietro, Società editrice Il Mulino, a. 2013, pagg. 206-225.

[7] F. Barca, P. Luongo, Un futuro più giusto. Rabbia, conflitto e giustizia sociale. Società editrice il Mulino, a. 2020, pag. 56.

[8] M. Magatti, Cambio di paradigma. Uscire dalla crisi pensando al futuro. Feltrinelli Editore, a. 2017, pagg.151-152.

[9] Amartya Sen, L’idea di giustizia, Mondadori, a. 2011, pag. 241.

[10] Protocolli analoghi sono stati adottati da diverse amministrazioni locali, piccole e grandi, da Napoli e Milano ai comuni delle Madonie.

[11] Lo sportello comunale dovrà essere realizzato accreditando il Comune, o la rete di comuni interessata, presso l’albo regionale degli enti abilitati a promuovere politiche attive per il lavoro

[12] Cfr. La mappa della povertà educativa in Sicilia a cura di Openpolis e Con i bambini. Impresa sociale Osservatorio povertà educativa, 2021

[13] Cfr. Ibidem

[14] Cfr. le conclusioni della Presidenza in seno al Consiglio Europeo tenutosi a Barcellona il 15 e il 16 Marzo 2002.

[15] Si veda il rapporto di ricerca sui Patti educativi territoriali pubblicato dal Forum disuguaglianze e diversità nel dicembre 2021.

[16] Cfr. Legge di Bilancio 2021, art. 1, commi 791-792. Per la Regione Sicilia si veda, in particolare, il comma 792, lettera d.

 

[17] D.Lgs 517/1999, art. 2, comma 4.