LEONFORTE – I Finanzieri del Comando Provinciale di Enna, coordinati dalla locale Procura della Repubblica, hanno scoperto un vasto giro di usura, riciclaggio ed utilizzo di fatture false gestito da due fratelli leonfortesi che, approfittando delle difficoltà economiche causate dall’emergenza Covid-19, si offrivano di prestare denaro a imprenditori locali in grave crisi di liquidità.
È questo l’epilogo dell’operazione “FULL CONTROL”, condotta dalle Fiamme Gialle della Tenenza di Nicosia,
che ha portato all’esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti dei due presunti usurai, posti
agli arresti domiciliari, con il contestuale sequestro preventivo di beni e denaro per circa 400.000 euro, emessa
dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Enna al termine di un’indagine durata oltre un anno.
Sono complessivamente venti le persone a vario titolo indagate per i delitti di usura, estorsione, autoriciclaggio,
trasferimento fraudolento di valori, emissione di fatture false e dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di
fatture per operazioni inesistenti.
Decisiva si è rivelata la collaborazione fornita dalle vittime degli usurai. Questi, in particolare, sarebbero stati
soliti erogare prestiti di denaro agli imprenditori in gravi difficoltà economiche, aggravate oltremodo dalla crisi
pandemica, ottenendo in cambio la promessa o la dazione di interessi usurari, fino a giungere, in alcuni casi, ad
appropriarsi delle loro aziende.
Dalle indagini, avviate in seguito alle dichiarazioni rese da alcune delle vittime, è, infatti, emerso che i due
arrestati, una volta concesso il prestito ed obbligata la vittima al pagamento mensile degli interessi, sempre
superiori al limite massimo fissato dalla legge (cd. tasso-soglia), dinanzi alle prime difficoltà manifestate dagli
imprenditori nei versamenti periodici, li avrebbero costretti a cedere, a titolo di garanzia, le proprie quote
societarie, talvolta in modo occulto altre volte attraverso la loro formale acquisizione, accompagnata tuttavia da
pagamenti fittizi.
In altri casi, sin dall’origine la concessione del prestito sarebbe stata subordinata all’acquisizione delle quote
societarie a titolo di garanzia ed alla conseguente pretesa, per la restituzione del prestito e degli interessi, di una parte dei ricavi aziendali.
In seguito, se le attività o i ricavi delle aziende non si rivelavano sufficienti a garantire il pagamento degli
interessi e la restituzione del capitale, veniva richiesto alle vittime, quale garanzia aggiuntiva, il rilascio di
cambiali firmate “in bianco”, con l’intento in tal modo di prolungare il più possibile, anche con violenza e
minacce, l’attività usuraria posta in essere dagli arrestati.
Le investigazioni, svolte anche attraverso accurate indagini bancarie, hanno consentito di ricostruire prestiti
concessi ad un tasso di interesse che in alcuni casi avrebbe raggiunto il 200% annuo, nonché di quantificare il
profitto derivante dai reati contestati, pari a circa 400.000 euro, che ha determinato l’Autorità Giudiziaria a
disporre il sequestro per equivalente di beni e denaro riconducibili agli indagati per un valore di pari importo.
Il procedimento penale è tuttora nella fase delle indagini preliminari e, pertanto, è necessario tenere conto della
presunzione di non colpevolezza degli indagati sino al giudizio definitivo. L’Autorità Giudiziaria ha autorizzato
la diffusione della notizia, sussistendo l’interesse pubblico all’informazione, con particolare riferimento alla
rilevanza delle presunte condotte illecite accertate, altamente lesive degli interessi dell’Erario e che possono
determinare gravi forme di distorsione del mercato.
L’operazione in rassegna rappresenta una testimonianza tangibile del costante impegno profuso dalla Guardia di
Finanza, nel suo ruolo di polizia economico-finanziaria, nel contrasto all’usura, odiosa pratica criminale che
tende ad ottenere ingenti guadagni sfruttando lo stato di bisogno di soggetti in grave difficoltà.