“Gli ultimi accadimenti di cronaca nei porti di Gela e Lampedusa, perennemente insabbiato il primo e teatro d’affondamento di grosse imbarcazioni il secondo, dimostrano che vi è un problema di sicurezza con la possibile violazione di precise direttive e regolamenti per i quali chiediamo l’intervento della Commissione Europea”. A dichiararlo è l’europarlamentare del Movimento 5 Stelle Ignazio Corrao che, con una interrogazione, porta all’attenzione della Commissione Europea i continui disagi che vivono le attività legate ai porti di Gela (CL) e Lampedusa (AG), perennemente insabbiato il primo, mentre con gravi carenze di sicurezza il secondo. Corrao chiede all’esecutivo europeo anche di essere “informato sullo stato di sicurezza dei porti siciliani e sardi e a che punto è l’applicazione del regolamento e della direttiva sulla sicurezza dei porti”.
“La Commissione Europea – spiega Corrao – chiarisca se questi due porti rispettano la direttiva 65 del 2005 e il regolamento 725 del 2004 che hanno lo scopo di prevenire le minacce alla sicurezza dei porti contro gli illeciti e rafforzare la protezione delle persone, delle attività commerciali, delle navi in porto e dell’ambiente. Vorremmo inoltre conoscere per vie ufficiali se Bruxelles prevede finanziamenti per lo sviluppo e la sicurezza dei porti nella programmazione 2021-2027. Quanto accaduto a Lampedusa è inaccettabile: Le autorità cittadine denunciavano da mesi la pericolosità delle imbarcazioni ferme nel molo ma non vi è stato alcun intervento di rimozione delle stesse e di messa in sicurezza. Stesso rischio sicurezza lo corre il porto di Gela che, dopo anni di vero e proprio abbandono da parte delle autorità regionali, è perennemente insabbiato e ospita decine di imbarcazioni abbandonate. Il porto della città del Golfo ha infatti un fondale di soli 40 centimetri, caratteristica che ha provocato il blocco totale delle attività marittime commerciali, sia per la pesca che per l’attività del cantiere navale. Secondo le direttive europee, gli Stati membri sono tenuti a rivedere i piani di sicurezza almeno una volta ogni cinque anni ma è evidente che in molti casi non è così. La Commissione Europea intervenga” – conclude Corrao.