CALTANISSETTA – 5.300.000 è la somma confiscata al medico dentista niscemese Giuseppe Amedeo Arcerito dai poliziotti della Questura di Caltanissetta che unitamente ai militari della Guardia di Finanza, hanno eseguito un decreto di confisca di beni, emesso lo scorso luglio dalla Sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Caltanissetta, riconducibile direttamente ad Arcerito conosciuto come u “lumiaru o u dutturi” , nonché di altri beni formalmente intestati a terzi ovvero a Calogero La Rosa e Rosaria Arcerito rispettivamente cognato e sorella del medico. I beni sequestrati tutti intestati ad Arcerito sono nello specifico un fabbricato sito in contrada Ulmo a Niscemi con relativo appezzamento di terreno, un’Audi A4, un rimorchio agricolo, due trattori e un conto corrente bancario; tali beni erano stati sottoposti a sequestro nel gennaio del 2013, nell’ambito del procedimento di prevenzione istruito dal Tribunale di Caltanissetta. Il provvedimento di confisca in parola ha interessato anche sette capannoni, un fabbricato adibito ad uso dormitorio e un impianto di lavaggio all’aperto per mezzi industriali; questi beni intestati a Calogero La Rosa e Rosaria Arcerito erano stati già sequestrati dalla Squadra Mobile nissena nel 2014. Giuseppe Amedeo Arcerito è stato più volte denunciato per associazione di tipo mafioso; tratto in arresto nell’ambito dell’operazioni di polizia denominato “Ricostruzione” nel giugno 2001, condannato nel 2002 dal Tribunale di Catania alla pena di anni 3 di reclusione perché ritenuto colpevole di associazione mafiosa e di vari episodi di estorsione ed incendio ed ancora tratto in arresto nel corso dell’operazione di Polizia denominata “Parabellum”, eseguita nel 2011, in quanto colpito da ordinanza di custodia cautelare, emesso nel 2011 dal G.I.P. del Tribunale di Catania, in quanto indagato, in concorso con altri, per il reato di associazione di tipo mafioso, commesso a Niscemi dal 1996 al 1999; nonché per il delitto di concorso in omicidio aggravato, per avere, in concorso tra loro e con Antonino Pitrolo e Giuseppe Buzzone, in qualità di concorrenti morali, cagionato la morte di Alfredo nel 1996 in provincia di Ragusa.