Crocetta ed il suo Governo affidano verifiche antimafia e di legalità ad Antonello Montante, sotto inchiesta per mafia e ad Ivan Lo Bello, un presunto delinquente

Un articolo di oggi, pubblicato da un giornale on line di Agrigento, ha diffuso la notizia di una comune iniziativa di promozione sociale dell’associazione “A testa alta” e del“Consorzio Agrigentino per la legalità e lo sviluppo”, presieduto da Mariagrazia Elena Brandara, segretaria particolare dell’Assessore regionale alle attività produttive, Mariella Lo Bello, e titolare di tante altre cariche di grande prestigio, e soprattutto di grande peso economico.

In buona sostanza, la citata iniziativa punta ad elaborare un

<<rapporto, attraverso l’analisi di dati e informazioni da rilevare presso ciascun Comune della provincia con appositi strumenti (questionari, schede, esame dei siti web delle amministrazioni, interviste, ecc.), intende offrire un contributo alla riflessione nelle varie sedi istituzionali e alla conoscenza da parte dell’opinione pubblica delle questioni connesse all’efficace attuazione degli strumenti di prevenzione della corruzione e delle illegalità nella pubblica amministrazione. Cosa stanno facendo i comuni della nostra provincia per arginare i fenomeni corruttivi e i rischi di inquinamento mafioso? È a questa domanda che cercherà di rispondere il “Rapporto sullo stato di attuazione delle disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nei Comuni della provincia di Agrigento”, che sarà realizzato con un progetto curato dall’associazione di promozione sociale “A testa alta”, presieduta da Antonio Catania, e dal “Consorzio Agrigentino per la Legalità e lo Sviluppo”, presieduto da Mariagrazia Brandara.>>

Quello che segue è il link del ‘compiacente’ servizio giornalistico pubblicato dal giornale Grandangolo di Franco Castaldo :

http://www.grandangoloagrigento.it/partnership-tra-a-testa-alta-e-il-consorzio-legalita-e-lo-sviluppo-su-repressione-corruzione/

Brava, Bene, Bis a Mariagrazia Elena Brandara, candidata trombata a Sindaco di Naro e ricordata da tutti come la“Perpetua” dell’ex Ministro Calogero Mannino. I suoi propositi, assimilabili ad una quantità infinita di “aria fritta”, fanno a cazzotti con il suo modus operandi, la sua appartenenza e l’ubbidienza verso i suoi “capi” a cui deve rendere quotidiano “rapporto”.

Mariagrazia Elena Brandara, e la sua Assessora Mariella Lo Bello (da quattro anni girovaghe di palazzo), com’è risaputo sono le “Teste di Legno” di Giuseppe Catanzaro, il “Re della Munnizza”, e del Cavaliere Antonio Calogero Montante, Presidente di Confindustria Sicilia, nonchè della Camera di Commercio di Caltanissetta e di Unioncamere Sicilia, accusato dalla DDA delle Procura di Caltanissetta del reato di concorso esterno in associazione mafiosa.

A tal riguardo, per farsi un’idea, è consigliabile leggere l’interrogazione presentata, il 9 marzo scorso, dal Sen. Luigi Gaetti, dal Sen. Michele Giarrusso e da altri senatori del M5S, indirizzata all’allora Ministro dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, per comprendere la plateale strumentalizzazione che usa commettere abitualmente e candidamente Mariagrazia Elena Brandara in taluni “spettacolini antimafia”:crocetta e brandara

<<a giudizio degli interroganti il presidente della Regione Siciliana, Rosario Crocetta, e l’assessore Mariella Lo Bello,notoriamente legati a Montante, ad oggi non hanno ritenuto di procedere a nessuna verifica delle gravissime violazioni, opacità e condizionamenti, denunciate dalla associazioni di categoria per l’elezione delle governance delle nuove Camere di commercio della Sicilia, favorendo in tal modo il “sistema Montante” che adesso, peraltro, oltre a detenere da diversi anni uno smisurato potere vincolante nella gestione del Governo regionale e di una miriade di enti e società partecipate, annovera anche tutto il potere delle aree industriali della Sicilia per mani del neo commissario dell’IRSAP (Istituto regionale sviluppo attività produttive), Maria Grazia Brandara, segretaria particolare dell’assessore Lo Bello e, risulta agli interroganti, espressione del chiacchierato Giuseppe Catanzaro, vice presidente vicario di Confindustria Sicilia, soggetto tra i più fidati di Montante, noto per avere conquistato in questi ultimi 10 anni, in modo a dir poco spregiudicato, l’egemonia assoluta nello smaltimento dei rifiuti della Sicilia con l’aiuto prima dell’ex presidente della Sicilia, Raffaele Lombardo, condannato a 6 anni per concorso in associazione mafiosa e, dal 2012, sembra con il pieno sostegno dell’attuale presidente Crocetta che ha cacciato in malo modo magistrati come Nicolò Marino, ex assessore regionale quando decise di intervenire sul business, di svariate centinaia di milioni di euro, della mega discarica di Siculiana-Montallegro gestita appunto da Catanzaro>>. 

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=966935

 

Sulla clamorosa e scandalosa ascesa di Giuseppe Catanzaro, il “Re della Munnizza”, Vice Presidente Vicario di Confindustria Sicilia,Compare del Cavaliere Montante, si potrebbero richiamare infiniti riferimenti d’inchieste giudiziarie e atti ispettivi per comprendere lo spessore del soggetto e gli affari che ha maturato in questi anni nel settore dei rifiuti. E’ alquanto prezioso leggere, tra le tante, il resoconto dell’audizione, del 23 febbraio 2015, dell’ex Assessore all’Energia, Nicolò Marino, magistrato, davanti la Commissione Parlamentare di inchiesta sulle attività illecite connesse al ciclo dei rifiuti, per trarre ogni dovuta conclusione.

http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/

39/audiz2/audizione/2015/02/23/indice_stenografico.0024.html

Emblematiche sono anche le recenti dichiarazioni dell’ex Assessore Marino, in un’intervista rilasciata, il 15 marzo 2016, a Il Fatto Quotidiano”, dal titolo “Confindustria è collusa e Crocetta la protegge”, in cui, tra l’altro, afferma:

“certo è un fatto che nel 2011 viene sequestrato tutto il patrimonio di Francesco Zummo (ritenuto prestanome di Provenzano) e viene sequestrata la società di attività industriale comprata dai fratelli Catanzaro che poi fu dissequestrata senza che la Procura si accorgesse che ci si trovava davanti a un chiaro caso di interposizione fittizia, cosa che ho scoperto dopo dodici anni con una semplice lettura degli atti.”

Ancora, da un’interrogazione dei Senatori Gaetti, Giarrusso ed altri loro colleghi di 5 Stelle, del 3 febbraio scorso, rivolta al Ministro dell’Interno, Angelino Alfano:

“inoltre, risulta agli interroganti che a tali inchieste si aggiungono altre vicende: gli infiniti e sempre più ingombranti sospetti attorno all’egemonia di Giuseppe Catanzaro, vice presidente vicario di Confindustria Sicilia, nel settore dei rifiuti ed ai cointeressi con Gregory Bongiorno, presidente di Confindustria Trapani; gli incommensurabili interessi economici, non troppo trasparenti, che si muovono dentro la società Interporti SpA, partecipata da una sfilza di soggetti pubblici, guidata da Alessandro Albanese, presidente di Confindustria Palermo; la fulminea scalata nel settore dei servizi di pulizie dell’imprenditore nisseno Salvatore Navarra, che in questi anni ha sbaragliato ogni concorrenza negli ospedali di mezza Sicilia.”

http://www.senato.it/japp/bgt/showdoc/showText?tipodoc=Sindisp&leg=17&id=964318

Inoltre, è più che opportuno ricordare a Mariagrazia Elena Brandara, organizzatrice di “spettacolini antimafia”, che il 22 gennaio scorso, il suo “Capo dei Capi”, Cavaliere Montante, è stato raggiunto da un avviso di garanzia spiccatogli dalla DDA della Procura della Repubblica di Caltanissetta, per concorso esterno in associazione mafiosa.

 “Per avere concorso nelle attività dell’associazione mafiosa mettendo in modo continuativo a disposizione in particolare di Vincenzo e Paolino Arnone (consigliere e reggente della famiglia mafiosa di Serradifalco, ndr) la propria attività imprenditoriale consentendo al clan di ottenere l’affidamento di lavori e commesse anche a scapito di altri imprenditori, nonché assunzioni di persone segnalate dagli stessi, ricevendone in cambio il sostegno per il conseguimento di incarichi all’interno di enti e associazioni di categoria, la garanzia in ordine allo svolgimento della sua attività imprenditoriale in condizioni di tranquillità, senza ricevere richieste di estorsioni e senza il timore di possibili ripercussioni negative per l’incolumità propria e dei beni aziendali, nonché analoghe garanzie per attività riconducibili a suoi familiari e a terzi a lui legati da stretti rapporti”. Delitto che l’indagato avrebbe commesso a partire dal 1990”. E, come ricorderà, Mariagrazia Elena Brandara, all’alba del succitato giorno, sono stati sguinzagliati in giro per l’Italia un centinaio di agenti della Squadra Mobile, per perquisire le abitazioni e gli uffici del Cavaliere Montante. Per essere precisi le perquisizioni, come ricorderà Mariagrazia Elena Brandara “sono scattate nelle sedi delle seguenti società: Mediterr Shoch Absorbers (Caltanissetta, Serradifalco e Asti), Gimon (Serradifalco e Castell’Alfero), Hasta Magi Tecnologie (Serradifalco e Asti), Alechia (Caltanissetta), Ap Consulting (Milano).” Centinaia di Poliziotti sono piombati anche alla “Camera di Commercio di Caltanissetta, negli uffici palermitani di Confindustria Sicilia e di Unioncamere. Tredici tra le abitazioni perquisite, fra la provincia di Caltanissetta e Milano.” Mariagrazia Elena Brandara, ricorderà, certamente, che i poliziotti hanno scoperto il Bunker del Cavaliere Montante (tipico delle suggestive scene di Don Piè di Gomorra), in cui all’interno “vi era un piccolo arsenale, un fucile, una carabina, due pistole con relative munizioni.“In quella camera blindata, realizzata in un’intercapedine ricavata da un muro perimetrale, c’era anche una cassaforte con dentro documenti” (tonnellate di carte) e dossier ben confezionati per sferrare, evidentemente, l’arma maniacale del ricatto, notoriamente la più amata dal Cavaliere Montante. A parere di Mariagrazia Elena Brandara, forse il Cavaliere Montante voleva ricattare tutti e tutto, amici, conoscenti, malcapitati e nemici, usando, probabilmente, anche i suoi “pezzi forti” ovvero voler mettere paura con l’attività criminale di dossieraggioe quello ignobile di fare circolare falsità, calunnie, tragedie e montature di ogni genere.

Visto che Mariagrazia Elena Brandara (super oberata da molteplici e variegati ruoli di COA ssessora regionale alle attività produttive, segretaria particolare di Mariella Lo Bello, Capo delle aree industriali della Sicilia, Commissaria dei Consorzi ASI di Caltagiorne, Catania e Palermo, delegata nelle Assemblee degli azionisti della SAC società aeroportuale di Catania, di proprietà di Ivanhoe Lo Bello, e della SIS, società interporti siciliani, il gioiellino di Alessandro Albanese regalatogli dal Cav. Montante, Presidente dello schioppettante e spettacolare “ConsorzioAgrigentino per la legalità e lo sviluppo”, turista a tempo pieno a Roma e in altre località a spese dei cittadini), adesso si dedicherà a predisporre ed organizzare questionari, schede, esame dei siti web delle amministrazioni, interviste, da indirizzare nelle varie sedi istituzionali ed alla conoscenza da parte dell’opinione pubblica, per conoscere le questioni connesse all’efficace attuazione degli strumenti di prevenzione della corruzione e delle illegalità nella pubblica amministrazione; inizi con un bel questionario da sottoporre ai suoi dante causa, il“Re della Munnizza”, Giuseppe Catanzaro, al “Capo dei Capi”, Cav. Antonio Calogero Montante, ed al “Gemello Diverso”, Ivanhoe Lo Bello, Presidente di Unioncamere Nazionale, accusato dalla Procura della Repubblica di Potenza di associazione a delinquere e traffico di influenze nell’affare del petrolio.

Ormai, la questione è seria e preoccupante. In questi anni vi è stato un proliferare, a dismisura, di diverse “associazioni antimafia fasulle” che hanno celato affari, affaruncoli, carriere,carrierine, finanche coperture ai “mafiosi innovatori”. Taluni movimenti fasulli, sorti come i funghi nelle realtà più disparate del nostro Paese, hanno rappresentato il “vestito” da mettere agli imprenditori collusi, ai politici compiacenti, ai carrieristi in cerca di beni confiscati da gestire, visibilità, interviste, flash, contributi economici e titoli da esibire in ogni occasione.

Personaggi e “personaggetti”, come Mariagrazia Elena Brandara, che fa un abbondante uso cosmetico di varie ed estemporanee iniziative “colorate d’antimafia”.

Dall’impostura dell’antimafia organizzata creata nel 2003 attraverso il “sistema Montante”, che in pochi anni ha messo nelle mani tutta la Sicilia, si è passati ad un sottobosco di associazioni farlocche” rappresentate da “personaggetti” in cerca di ribalta, soldi e voti, dove vi si avvicinano bravi cittadini, amici, ruffiani, malcapitati ed ignari, di cui l’opinione pubblica si è fatta un proprio consolidato e brutto convincimento.

Su questo importante tema il giornalista de “La Repubblica”, Attilio Bolzoni, che da trent’anni si occupa d’inchieste di mafia, il 2 febbraio scorso, è stato audito dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, affermando, tra l’altro:

in quegli stessi anni, fra il 2005 e il 2007, ho assistito come cronista a processi contro mafiosi di Palermo che in aula gridavano «La mafia fa schifo» mentre venivano condannati a sette, otto, nove o dieci anni per associazione mafiosa. Ho così capito che quello slogan, «La mafia fa schifo», era una battuta che piaceva tanto anche ai mafiosi. Erano finiti i tempi in cui quella parola, «mafia», a Palermo e in Sicilia non si pronunciava mai. Al contrario, gli uomini d’onore di cosa nostra esibivano pubblicamente la loro antimafiosità. Provavano già allora a infiltrarsi nelle associazioni antiracket, organizzavano convegni e a volte erano i primi a sponsorizzare manifestazioni contro cosa nostra. A Villabate in quegli anni gli amici di Bernardo Provenzano premiarono, autorizzati dalla famiglia naturalmente, Raoul Bova per una sua fiction, Ultimo, il carabiniere che catturò Riina. A Palermo i capi di Sicindustria del tempo tuonavano pubblicamente contro i boss, ma erano in segreto i loro soci. Ad Altofonte un uomo d’onore molto importante aveva allestito anche una mostra di pittura dedicata a Falcone e Borsellino. Esattamente un anno fa ho scoperto, per esempio, che esisteva una zona franca della legalità in cui evidentemente ci sono gli abitanti più buoni e più onesti d’Italia, che hanno fortemente voluto un governatore condannato per mafia e un imprenditore che sarebbe stato qualche mese dopo indagato per mafia. La prima zona franca della legalità è nella mia città d’origine, a Caltanissetta, al centro della Sicilia. È la città dove è iniziata l’ascesa del cavaliere Antonello Montante, presidente di Confindustria Sicilia, presidente della locale camera di commercio, presidente di tutte le camere di commercio dell’isola, consigliere per la Banca d’Italia, delegato nazionale di Confindustria con delega alla legalità e designato anche un anno fa dal Ministro dell’interno Alfano membro dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati. Questa è l’unica carica dalla quale si è al momento autosospeso per un’indagine a suo carico per concorso esterno in associazione mafiosa. Qui veniamo al mondo associativo e all’antimafia sociale. Da quando esiste l’antimafia moderna, ossia da circa una trentina d’anni, subito dopo l’omicidio del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, il 3 settembre 1982, l’antimafia non è mai stata così ubbidiente, cerimoniosa e attratta dal potere. Sopravvive fra liturgie e litanie e soprattutto grazie a un fiume di denaro. Tutto ciò che conquista lo status di antimafia certificata si trasforma in milioni o in decine di milioni di euro, in finanziamenti considerevoli a federazioni antiracket, in contributi per vivere la neve – tra le varie cose che ho trovato c’è anche una sciata antimafia a Folgaria, mi pare; non mi ricordo a quante decine di migliaia di euro ammonti il contributo – in uno spargimento di risorse economiche senza precedenti e nel più assoluto arbitrio. Si tratta di un’antimafia sottomessa alle concessioni dei PON, i Programmi Operativi Nazionali di sicurezza del Ministero dell’interno. Questi PON, secondo me, necessitano di una verifica, di un monitoraggio sui soldi che vengono spesi e su quelli che non vengono spesi e tornano in Europa. Si tratta di cifre considerevoli, che non sempre prendono, secondo me, strade virtuose. Si tratta di un’antimafia sottomessa alla benevolenza di funzionari del Ministero dell’istruzione, che, senza bando pubblico, per anni hanno distribuito milioni e forse anche decine di milioni a scuola e che poi smistavano quelle somme ad associazioni sul territorio sulla base di legami e patti. La conservazione o l’estinzione di un’associazione antimafia, di un circolo intitolato a un poliziotto ucciso o a un bambino vittima del crimine, di uno sportello in chiusura o un osservatorio sui casalesi o i corleonesi, di un museo della ’ndrangheta è sempre appeso a un filo o a un canale economico. Così l’antimafia è diventata docile e addomesticata. Il patto non scritto è sempre: non disturbare mai il potente del momento e prendere i soldi. Si tratta di un’antimafia ferma, in posa perenne, conformista, sempre pronta con la retorica a ricordare e a santificare i suoi eroi, ma soprattutto a non restare con le tasche vuote. Si tratta di un’antimafia che è diventata consociativa. Non ci sono più zone franche nell’antimafia. Nelle piccole associazioni sparse in ogni angolo d’Italia e anche nelle associazioni più grandi e più rispettabili negli ultimi anni c’è stata una mutazione del dna. Alla denuncia si è preferito l’assalto agli incarichi e alle consulenze. L’associazione antimafia a volte è diventata un trampolino di lancio per carriere politiche. Anche qui bisogna distinguere per non confondere, bisogna procedere passo dopo passo senza generalizzare, ma credo sia abbastanza evidente, almeno a mio parere, che l’antimafia abbia perduto il suo spirito originario. Molte associazioni non rappresentano più un’altra voce. È proprio in questo momento che qui in Italia si sente il bisogno di un’altra voce più che mai. C’è un’incapacità di intercettare o interpretare le trasformazioni criminali che sono in atto nel nostro Paese da parte delle associazioni antimafia. Su mafia capitale ci sono associazioni antimafia che hanno balbettato, salvo poi costituirsi parte civile al processo. Questo è un altro capitolo dell’antimafia contemporanea: ci sono decine, anzi centinaia di associazioni che chiedono di costituirsi parte civile in ogni processo di mafia, di ’ndrangheta o di camorra. Io credo sia giusto che venga posto un limite. Ha senso che un’associazione si costituisca parte civile in un processo se quel processo ha contribuito a costruirlo con denunce, attraverso il lavoro dei suoi rappresentanti, accompagnando il percorso di imprenditori taglieggiati o collaboratori di giustizia. Altrimenti tutto diventa un baraccone. Anche la stampa ha le sue colpe. Comincio da me, che è meglio. Quanti mostri dell’antimafia abbiamo creato in questi anni, quanti casi scomodi abbiamo scansato per non andare controcorrente, quante inchieste giudiziarie che non stavano in piedi abbiamo ignorato per quieto vivere e qualche volta anche per paura ? Non vi nascondo che in questi ultimi dodici mesi, da quando ho cominciato a occuparmi di quest’antimafia, ho avuto una vita complicata come non l’avevo da una trentina d’anni, quando mi occupavo di mafia a Palermo durante la stagione dei cadaveri eccellenti, nei primi anni Ottanta. Concludo. La retorica dell’antimafia non serve più. La retorica distorce i fatti e li sotterra. C’è una bellissima esperienza proprio in Calabria che va nella direzione che lei auspica, che è «Reggio Non Tace». Non so se lei conosce questo movimento di questo padre gesuita. Li ho conosciuti da poco tempo, da qualche mese. Mi riprometto di ritornare a Reggio. È un’esperienza molto forte. Credo che loro vadano in quella direzione. Sono stato due giorni con loro e non mi hanno mai parlato… La parola «antimafia» non l’ho sentita. Mi hanno fatto vedere le cose che facevano nei quartieri, mi hanno portato in giro, mi hanno spiegato come lavorano e soprattutto la cosa che mi è piaciuta molto è che erano tutti volontari. Non si parlava di soldi. Ho scoperto, con colpevole ritardo, questa realtà tra la fine dell’anno scorso e l’inizio di questo gennaio.

Se uno non riconosce più la mafia e la riconosce come la mafia che spara, è possibile che dopo si ritorni a un ciclo della mafia. Nei convegni diciamo che la mafia è invisibile, che la mafia si mimetizza, che la mafia è intorno a noi. È intorno a noi, ma cammina a braccetto con noi e non ce ne accorgiamo. È possibile che sia accaduto questo, ma non solo in questo caso, in generale. Quanto all’antimafia consociativa, forse è una parola un po’ forte, ma perché una forza politica non dovrebbe cercare di appropriarsi di una grande associazione antimafia, di poterla pilotare, di poter utilizzare i voti di quest’associazione e di poter orientare le scelte ? Presidente, lo do quasi per scontato. Do quasi per scontato questo. Non sto parlando di un’associazione in particolare, è ovvio. Penso, per esempio, al rapporto con le cooperative di alcune associazioni. Non voglio fare nomi in particolare, ma sono rapporti che fanno pensare. C’è tutto un mondo che si muove. Quando all’inizio ho detto che l’antimafia è diventata un capitale e un valore per la mafia, possiamo anche dire che l’antimafia è diventata un capitale e un valore anche per le imprese e per la politica, non solo per la mafia. Se mi chiede se ci siano degli interessi generali intorno a questa benedetta – o maledetta – questione, sì, ci sono, secondo me, e da molto tempo, non da adesso. Credo che ci siano proprio da molto tempo. Di questa vicenda dell’antimafia, come sapete, si parla in questi termini da quel 10 gennaio 1987, quando Leonardo Sciascia ha scritto sulla terza pagina del Corriere della sera il famoso articolo «I professionisti dell’antimafia». Vorrei ricordarvi che nel pezzo, nell’articolo di Sciascia, l’espressione «i professionisti dell’antimafia» non era presente. Era presente solo nella titolazione, ma ne è divampata una polemica.

Testo:

http://documenti.camera.it/leg17/resoconti/commissioni/stenografici/html/

24/audiz2/audizione/2016/02/02/indice_stenografico.0133.html

Audio:

https://www.radioradicale.it/scheda/465520/commissione-parlamentare-di-inchiesta-sul-fenomeno-delle-mafie-e-sulle-altre#

 

FONTE SICILIACRONACA.IT

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