Corte d’Appello di Caltanissetta. Montagnino: Uniti per la salvaguardia

Le proposte formulate dalla Commissione di studio, istituita presso il Ministero della Giustizia il 12 agosto 2015 e presieduta dall’On. Vietti, collocano la Corte d’Appello di Caltanissetta, in ragione dei criteri utilizzati, non solo nella posizione di struttura “indiziata” di soppressione ma addirittura di ufficio di secondo grado designato per la “rottamazione” E’ chiaro che la Commissione esercita una funzione tecnica, di analisi e di studio ed esprime orientamenti, indicazioni e proposte che hanno una propria autonomia e “autorevolezza”, ma le cui valutazioni ed ipotesi possono essere riconsiderate se non proprio “ribaltate”.

Ciò perché, in ultima analisi, dopo il parere del Csm, la scelta e la responsabilità finali appartengono al Governo e al Parlamento: una partita tutta politica, nel senso più alto del termine, che dovrà individuare le soluzioni più adeguate, contemperando esigenze di fatto complesse e di varia natura con i parametri di natura tecnica.

Dietro il mandato affidato alla Commissione, di “riordino della geografia giudiziaria”, si cela la volontà, tra l’altro, di ridurre le Corti d’Appello in tutto il Paese. Si legge testualmente nella bozza di relazione della Commissione che l’obiettivo da realizzare è “la riduzione del numero dei distretti della Corte d’Appello, con l’attribuzione di circondari o di porzioni di circondari di tribunali appartenenti a distretti limitrofi”. I parametri da realizzare sono ancorati ai carichi di lavoro, al numero degli abitanti e all’estensione del territorio, “tenendo comunque conto della specificità territoriale del bacino d’utenza”.

Il Vicepresidente del CSM, Sen. Giovanni Legnini, ha manifestato pubblicamente e con chiarezza, ed è utile sottolinearlo, la sua contrarietà alla riduzione delle Corti e all’utilizzo della discriminante del “numero degli abitanti”, unico parametro effettivamente penalizzante per l’attuale dimensione del distretto di Caltanissetta.

Peraltro, il riferimento alla “specificità territoriale del bacino di utenza” garantisce al distretto di Caltanissetta, soprattutto se ampliato, la possibilità di riconsiderare  in sede politica la prospettiva di chiusura. Peraltro la Corte d’Appello non registra “inefficienza operativa e gli intollerabili ritardi nell’erogazione del servizio, incidenti in modo determinante sulla durata complessiva dei giudizi sia civili che penali”, come censurato dalla Commissione per altre Corti.

Insomma, la Corte d’Appello di Caltanissetta è immune dalle patologie riscontrate in molte Corti d’Appello, perché è sempre stata caratterizzata da efficienza, rispetto sia alla qualità sia alla quantità e durata dei processi, alle pratiche pendenti, ai carichi di lavoro, alla professionalità dei giudici e degli operatori giudiziari.

Non è adeguato pensare di realizzare maggior efficienza attraverso il taglio delle Corti con un sistema che appare sollecitato da una sorta di “impeto razionalizzatore”. Non è questa la strada.  E non è accettabile la sproporzione tra il presunto beneficio in termini di risparmio e gli effetti collaterali estremamente negativi legati alla rilevante perdita di posti di lavoro, per un territorio peraltro già in sofferenza, ai costi sociali ed economici, alla riduzione di presidi di sicurezza. Il nostro territorio non ha bisogno di ulteriori tagli, semmai di investimenti.

La Commissione ha sottolineato nella propria relazione l’esigenza di puntare sulla qualità, l’efficienza ed il risparmio. L’obiettivo è corretto ma la soluzione non è quella proposta anche in considerazione del fatto che si congestionerebbero ancor di più le Corti di Palermo e Catania o l’unica Corte regionale, se il disegno conclusivo fosse davvero questo. Autorevoli studi hanno dimostrato che l’eccessiva ampiezza della struttura giudiziaria rende più lento e meno efficiente il servizio giustizia.

Fino ad adesso e da molto tempo il compito di difendere la Corte nissena è stato esercitato tenacemente dai magistrati, dall’avvocatura e dal sindacato dei lavoratori della giustizia che hanno ricevuto sostegno dal sindaco di Caltanissetta e da altri sindaci del nisseno ed ennesi e dal Consiglio comunale di Caltanissetta. Poi, credo, poco altro. Ai rappresentanti politici ed ai parlamentari, ad alcuni ministri e ad alcuni membri dell’antimafia è stata evidenziata l’importanza della Corte d’appello in questo territorio e l’esigenza di rafforzarla per garantire ancor di più funzionalità ed efficienza, per non perdere un presidio di legalità di tale valore che porterebbe con se la soppressione a catena di altri uffici giudiziari e reparti speciali delle forze dell’ordine. Caltanissetta e il suo territorio, la cui economia deriva principalmente dalle strutture pubbliche, verrebbero desertificati ulteriormente e definitivamente consegnati all’emarginazione e al sottosviluppo.

Alcune settimane fa è stato annunciato un disegno di legge dell’onorevole Alessandro Pagano per aggregare al distretto di Corte di Appello di Caltanissetta il Tribunale di Agrigento. E’ una iniziativa positiva ma non inedita. Già nel 2002 in un’altra fase preoccupante per la Corte d’Appello, su proposta dell’avvocato Emanuele Limuti, allora Presidente della Camera penale nissena, io al Senato e l’on. Filippo Misuraca alla Camera, presentammo un analogo disegno di legge. Al Senato si arrivò a deliberare un testo unificato rispetto al quale presentai un emendamento per elevare la struttura giudiziaria di Agrigento a sezione staccata della Corte di Appello di Caltanissetta. La fine della legislatura fece decadere i disegni di legge nonostante al testo unificato del Senato fosse stata riconosciuta la procedura d’urgenza.

Sono fermamente convinto che il territorio non possa essere spettatore inerme delle scelte e delle decisioni che saranno adottate e sono altresì convinto che la difesa della Corte d’appello non è un problema campanilistico né da addetti ai lavori: magistratura, avvocati e sindacato dei lavoratori della giustizia. Questi devono avere accanto l’intera comunità nissena e la regione siciliana: i cittadini, le istituzioni locali, i parlamentari non solo nativi o residenti, le forze sociali ed economiche. Occorre proseguire la battaglia, soprattutto in sede di Legge Delega,  anche ricercando alleanze con gli esponenti istituzionali degli altri territori interessati ai tagli.

Tutti insieme, nessuno escluso.

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