Totò Schillaci, il capocannoniere del Mondiale ’90, è scomparso oggi all’ospedale Civico di Palermo all’età di 59 anni, dopo una lunga battaglia contro un tumore.
La sua morte segna la perdita di uno dei simboli più amati della città e del calcio italiano.
Nonostante le notizie recenti avessero parlato di un miglioramento delle sue condizioni, la sua salute è peggiorata improvvisamente nelle ultime ore.
La camera ardente sarà allestita allo stadio Renzo Barbera.
La notizia della sua scomparsa è difficile da accettare. Totò, con la sua freschezza e la sua energia, sembrava sfidare il tempo come Benjamin Button. Dalle celebri “Notti Magiche” del 1990 alla sua ultima apparizione televisiva in “Pechino Express”, Schillaci è stato un eterno ragazzo, sempre in equilibrio tra fama e semplicità.
La sua presenza alla clinica La Maddalena, il giorno dell’arresto di Matteo Messina Denaro, era un segnale di quanto anche le leggende sportive siano vulnerabili.
Nonostante la sua forza e il suo coraggio, anche lui ha dovuto affrontare le dure realtà delle cure oncologiche.
“Queste malattie non guardano in faccia a nessuno,” aveva dichiarato dopo la morte di Gianluca Vialli.
Schillaci aveva parlato pubblicamente delle sue paure, raccontando di aver affrontato e sconfitto un avversario temibile. Tuttavia, il male è tornato con maggiore aggressività, più crudele di quanto avesse sperato.
Forse ora Totò discuterà di questo con Luca Vialli, Diego Maradona e Paolo Rossi, tutti scomparsi prematuramente nello stesso lasso di tempo tra due Mondiali.
Nel 1990, all’Olimpico di Roma, Totò Schillaci sembrava un re del calcio, come Paolo Rossi nel Mundial ’82.
Il ct Azeglio Vicini riconobbe subito il suo talento, facendolo entrare nella partita inaugurale contro l’Austria. Schillaci, con un colpo di testa perfetto su cross di Vialli, regalò al paese una gioia che risuonava ovunque.
Era lontano da quel “Schillaci ruba le gomme” che lo aveva deriso pochi mesi prima, e in quel momento, il mondo calcistico lo celebrava come il capocannoniere del torneo con sei reti, proprio come Paolo Rossi, ma senza la coppa in mano.
In un’intervista del 2010, Schillaci ammise: “Avrei barattato i miei gol col titolo di campione del mondo.”