E’ morto a Milano Dario Fo, 90 anni, drammaturgo, attore, regista, scrittore, autore, illustratore, pittore, e scenografo. Vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1997. È famoso per i suoi testi teatrali di satira politica e sociale e per l’impegno politico di sinistra. Con la moglie Franca Rame, scomparsa nel 2013, fu tra gli esponenti del Soccorso Rosso Militante. Era ricoverato da 12 giorni all’ospedale Sacco di Milano per problemi polmonari ed i familiari erano stati avvisati dai medici dell’aggravarsi delle sue condizioni di salute nelle ultime ore. Ha lavorato e dipinto fino all’ ultimo. Pochi giorni fa aveva fatto nella sua casa milanese una conferenza stampa per il suo nuovo libro “Darwin”.
Era nato a Sangiano, un paesino sul Lago Maggiore, il 24 marzo del 1926ed era figlio di un capostazione. Compiuti gli studi all’Accademia di Belle Arti di Brera di Milano, dal 1950 Fo comincia a lavorare per la RAI come attore e autore di testi satirici e il 24 giugno 1954 sposa l’attrice Franca Rame a Milano, nella basilica di Sant’Ambrogio. Poco dopo la coppia si trasferisce a Roma, dove nasce il figlio Jacopo. Nel 1962 Fo e la moglie, che nel frattempo avevano fondato la Compagnia Dario Fo-Franca Rame, preparano una serie di brevi pezzi per il varietà televisivo Canzonissima. La censura intervenne così spesso che abbandonano la televisione in favore del teatro. Le commedie prodotte tra il 1959 e il 1961 hanno la struttura della farsa, dilatata e arricchita da elementi di satira di costume. Con atteggiamento critico verso quello che lui denominava “teatro borghese”, Fo recitava in luoghi alternativi quali piazze, case del popolo, fabbriche: luoghi dove egli poteva trovare un pubblico diverso da quello tipico dei teatri.
Nel 1968 insieme a Franca Rame ed altri fonda il gruppo teatrale Nuova Scena, con l’obiettivo di ritornare alle origini popolari del teatro ed alla sua valenza sociale. Il 1º ottobre 1969, a La Spezia, Fo porta per la prima volta in scena, con grande successo, la “giullarata” Mistero buffo: unico attore in scena, recitava una fantasiosa rielaborazione di testi antichi in grammelot (linguaggio teatrale che si rifà alle improvvisazioni giullaresche e alla Commedia dell’arte, è costituito da suoni che imitano il ritmo e l’intonazione di uno o più idiomi reali ), traendone una satira tanto divertente quanto affilata. Tra la fine degli Anni 60 e l’inizio dei settanta, Fo si schierò con le organizzazioni extraparlamentari di estrema sinistra e fondò il collettivo “La Comune”, attraverso il quale tentò con grande passione di stimolare il teatro di strada. Nel 1973 la casa editrice Bertani pubblica ‘’Mistero Buffo’’, nel 1974 l’Einaudi parte delle commedie di Fo. Nel 1977 Fo, insieme alla moglie Franca Rame, torna in televisionecon un programma chiamato Il teatro di Dario Fo (in onda su Rete 2,in prima serata). La serie di trasmissioni avrebbe permesso al futuro premio Nobel di far apprezzare i propri lavori più recenti ad un’ancor più vasta schiera di persone. A ribadire la fama trasgressiva o addirittura sovversiva della coppia Fo-Rame attira l’attenzione del Vaticano che reagisce molto duramente ai modi e al linguaggio con cui nel programma si trattavano certi temi e personaggi religiosi o, più in particolare, ecclesiastici.
Solo lo scorso marzo, la sua Milano, il paese tutto, aveva celebrato i suoi 90 anni con una festa pubblica. Al Piccolo Teatro Studio di Milano, il 23 marzo, il giorno precedente al suo compleanno, amici, spettatori, celebrità – dal sindaco Pisapia a Claudio Bisio – lo avevano applaudito. Una celebrazione più lunga di un solo giorno, cominicata con l’inaugurazione, a Verona, nella sede dell’Archivio di Stato di Verona, del Laboratorio-Museo-Archivio destinato a valorizzare l’archivio di Dario Fo e Franca Rame. Un patrimonio enorme: oltre un milione di documenti tra scritti, copioni, locandine, scenografie che hanno fatto la storia del teatro di Fo e Rame, che ha curato e custudito ma soprattutto digitalizzato tutto.
Negli ultimi tempi era diventato impaziente di fare, scrivere, parlare, dipingere. Si ubriacava di impegni, lavorava fino a stordirsi, come volesse bruciare il tempo. Dario Fo ha lasciato la vita con l’energia e la carica con cui l’ha vissuta. “Se mi dovesse capitare qualcosa, dite che ho fatto di tutto per campare”, scherzava fino all’ultimo. A 71 anni era stato insignito del Premio Nobel, e 70 li aveva passati nel teatro che ha dominato da re, reinventando la satira, la comicità con oltre cento commedie, racconti, romanzi biografici, saggi, e da attore, scrittore, autore di canzoni, ma anche pittore, regista, scenografo, saggista, politico: un talento rinascimentale che ha fatto di Dario Fo il più grande e famoso artista italiano dei tempi moderni. “Con Franca abbiamo vissuto tre volte più degli altri”, diceva ripercorrendo una vita straordinaria celebre in ogni parte del pianeta.
Gli anni Cinquanta contano molto per Fo. Lasciata architettura (“prestare il fianco alle speculazioni edilizie non era per me”), nel ’51 si propone all’attore Franco Parenti con piccoli monologhi surreali per la radio. Molti di quei pezzi, memori dei fabulatori di Porto Valtravaglia, entrano nel ’52 nella raccolta Poer nano, successo radiofonico e l’anno dopo nella farsa Il dito nell’occhio, gran debutto teatrale nientemeno che al Piccolo di Milano sempre con Parenti e Giustino Durano,un testo che rompe le convenzioni della rivista e fa satira di costume. Intanto la sua formazione teatrale prosegue con qualche spettacolo di strada e nei varietà delle Sorelle Nava. Con loro recita anche Franca Rame, figlia di una famiglia di teatranti girovaghi, bellissima, bionda, alta. “Aveva fuori dal teatro le macchine di ricconi che l’aspettavano. Io non ero nessuno, ero uno spilungone tutto orecchie, intimidito dalla sua bellezza e dunque casto. Allora un giorno lei mi prese dalle spalle, mi mise contro un muro e mi baciò. Lì iniziò tutto”. Si sposano nel 1954, l’anno di Sani da legare, seconda commedia di Fo, sull’Italia dei conflitti politici, e insieme vanno a Roma, dove nel 1955 nasce il figlio Jacopo, per tentare la strada del cinema: ma Lo svitato di Carlo Lizzani resterà l’unico suo film, più alcune sceneggiature, tra cui Rosso e nero, Souvenir d’Italie, Rascel fifì.
È Franca a spingere per il ritorno al teatro e a Milano dove nel 1960 nasce la compagnia Fo-Rame: dalle farse (Ladri, manichini e donne nude), Dario-autore passa alle commedie satiriche ispirate alla tradizione dei comici dell’Arte: Gli arcangeli non giocano a flipper (1959), Chi ruba un piede è fortunato in amore (1961), Isabella, tre caravelle e un cacciaballe (1963), tutte campioni di incassi, anche perchè il Dario-attore si rivela un talento. “In realtà ero un parvenu, senza diplomi. Franca è stata la mia maestra che mi ha tolto gli impacci, la convenzione, le paure”. Inventa una maschera, quella dello svitato, del clown che sarà protagonista anche dei lavori successivi. E’ grazie a questi successi che la Rai “democristiana” di Ettore Bernabei, nel ’62 affida alla coppia di artisti Canzonissima, lo show del sabato sera abbinato alla lotteria che incolla l’Italia alla tv. Dario e Franca presentano sketch a sfondo sociale, sul malaffare e le morti bianche. I burocrati Rai reagiscono e chiedono il controllo dei testi prima della messa in onda. Dopo sette puntate Fo-Rame sbattono la porta. Il clamore è enorme, ma la Rai calerà su di loro la saracinesca per 15 anni, una censura inaudita. Ricompariranno in tv nel 1977 con Il teatro di Dario Fo, registrazioni degli spettacoli ormai applauditi in tutto il mondo (nell’89, poi, Fo venne perfino chiamato nella produzione internazionale I promessi sposi nel ruolo dell’Azzeccagarbugli).
La pietra miliare, artisticamente parlando, è Mistero Buffo, il cui primo abbozzo si vede nel 1969 in un teatro di La Spezia, che avrà diverse stesure (Dario recitava, Franca trascriveva e correggeva), l’ultima nell’aprile 2016: monologo in grammelot, dove Fo rielabora come non si è mai visto prima, fantasticamente, antiche giullarate, testi popolari e vangeli apocrifi attirando le ire del Vaticano. È un successo planetario. Intanto la contestazione e la stagione delle stragi, lo convincono che il teatro deve essere specchio di quello che succede nel paese: Morte accidentale di un anarchico (1970), Non si paga, non si paga (1974), Pum, pum! chi è? la polizia! (1972), Il Fanfani rapito (1975) cambiano di sera in sera sulla cronaca. Fo rompe con il Pci, si avvicina alla sinistra exraparlamentare, con Franca fonda “Soccorso Rosso” per sostenere detenuti politici: Pietro Valpreda, poi gli ex di Lotta Continua, Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani e Ovidio Bompressi, accusati dell’omicidio Calabresi dal pentito Leonardo Marino, oggetto di satira nel 1998 in Marino libero! Marino è innocente!. Sono anni “pieni”. Di “casini, dolori, violenze, sgombri, bombe nei teatri, la casa incendiata, nessuno che voleva più affittarcene a Milano, 40 processi. Noi mandavano sempre il copione per il visto di censura, ma era la pantomina a farli arrabbiare. Capitava che mimando un personaggio io lo trasformassi in un Andreotti. In una tournée raccoglievo anche 260 denunce”. Nel 1973 l’arresto di Fo a Sassari per resistenza a pubblico ufficiale durante la replica di Guerra di popolo in Cile fa clamore, ma ancora di più il rapimento e lo stupro a Franca Rame per opera dei fascisti ma, come verrà fuori, con la connivenza di organi dello Stato. L’orribile violenza non li zittisce. Per Fo si aprono anche le porte della Scala che nel ’78 produce tra mille polemiche il suo Histoire du soldat da Stravinskij, prima di una lunga serie di regie liriche. Piovono inviti dall’estero e ottiene la solidarietà perfino di Arthur Miller e Martin Scorsese quando nell’80 gli Usa gli negano il visto.
La celebrità mondiale culmina nel ’97 col Nobel per la Letteratura (già nel ’75 era entrato nella lista), ma rinfocola vecchie diatribe sul suo passato di repubblichino di Salò. “Non l’ho mai negato – spiegherà – Mi sono arruolato volontario per non destare sospetti sull’attività antifascista di mio padre”. Dopo il ’95, quando un ictus rischia di renderlo cieco, Fo rallenta l’attività teatrale (ma pure realizza alcuni cult: Lu santo jullare Francesco nel 1999, Ubu rois, Ubu bas e L’Anomalo Bicefalo negli anni Duemila, sulle vicende giudiziarie di Berlusconi) per quella letteraria e pittorica (le biografie di artisti da Leonardo a Mantegna, romanzi come “La figlia del Papa”, “Un uomo bruciato vivo”, fino agli ultimi “Razza di zingaro” e “Darwin”), cui si intreccia l’impegno politico diretto, di consigliere comunale a Milano nel 2006 e negli ultimi tempi il sostegno ai “5 stelle”.
Il 29 maggio 2013 segna il “più grande dolore della mia vita. Franca Rame se n’è andata tra le mie braccia”. Al funerale, stringerà il cuore di una folla immensa, urlando un disperato “Ciaooooo” . Di Franca negli ultimi anni dirà che la sentiva, sentiva la sua presenza e il suo aiuto. E a chi gli chiedeva se questo era il segno di una sua conversione al soprannaturale, ironico e lucido rispondeva: “Io credo nella logica. Ma una volta di là, spero di essere sorpreso”.